A cosa serve un vetro che resiste alle alte temperature?
Quando si pensa alle applicazioni industriali dei vetri viene subito in mente che esse sono legate alla loro particolare trasparenza e che, quindi, le situazioni tipiche siano quelle in cui sia necessario creare delle barriere protettive a vista. Questo avviene tipicamente per motivi di sicurezza, per rendere cioè possibile controllare la funzionalità di macchine utensili, forni, apparecchiature per lavorazioni meccaniche, processi chimici e molto altro.
D’altra parte, la fragilità tipica del vetro comune non lo rende il materiale migliore con cui realizzare barriere trasparenti, soprattutto in contesti in cui non si possono escludere urti accidentali, anche di discreta entità.
Ad esempio, nella protezione delle macchine utensili, è di solito preferito l’impiego di materiali plastici trasparenti come il polimetilmetacrilato PMMA e il policarbonato PC che garantiscono una buona resistenza agli urti, grazie alla loro notevole resilienza.
Quando, invece, si tratta di realizzare spie visive per forni o caldaie non si possono utilizzare le materie plastiche, per la loro scarsa resistenza ad alte temperature e anche il vetro comune può non essere adatto a sopportare carichi termici molto elevati.
Per questo motivo, vengono realizzati dei vetri speciali per alte temperature che siano in grado di mantenere inalterate le proprie caratteristiche anche in condizioni decisamente proibitive, in cui il vetro comune non garantirebbe una sufficiente resistenza. Sono stati così studiati materiali diversi con caratteristiche specifiche e in particolare i più utilizzati sono attualmente il vetro temperato calciosodico, il vetro temperato borosilicato, il vetro Vycor® e il Keralite®.
Le caratteristiche dei vetri temprati.
Per migliorare le caratteristiche del vetro, sia dal punto di vista della resistenza meccanica, sia da quello della resistenza termica, come vedremo, si può effettuare un particolare processo termico che, per analogia con quanto si fa per l’acciaio e per molte altre leghe metalliche, viene chiamato tempra.
Un vetro temprato o temperato, come si preferisce dire in alcuni casi, ha subito un riscaldamento in forno ad una temperatura di circa 650-700°C, che varia in base alla sua composizione chimica, a cui è seguito un rapido raffreddamento con un getto di aria compressa. Questo trattamento, sfruttando la diversa velocità di raffreddamento tra esterno e interno della lastra di vetro, crea una tensione residua nel materiale che lo rende più resistente alla trazione e alla flessione.
Inoltre, cosa di particolare interesse per il nostro attuale discorso, il processo di tempra dei vetri li rende anche molto più resistenti agli shock termici e, in generale, la loro maggiore resistenza meccanica si mantiene anche a temperature elevate, rendendoli adatti per realizzare, tra l’altro, spie visive per forni e caldaie.
Solitamente il processo di tempra viene realizzato su due tipologie di vetro con diverse composizioni chimiche: il vetro calciosodico e il vetro borosilicato. Tutti i vetri, infatti, sono miscele amorfe di ossidi metallici diversi, ma quello più presente, che costituisce la maggior parte della massa, è l’ossido di silicio SiO2, o silice, che si ottiene in modo molto semplice dalla sabbia del mare.
Nel vetro comune o claciosodico il 70% di ossido di silicio viene accompagnato da un 20-25% composto, in misura più o meno uguale, dall’ossido di calcio CaO e da quello di sodio Na2O. Il vetro borosilicato, invece, noto con il nome commerciale Pyrex®, ha una percentuale di ossido di silicio che varia tra 70% e 80% a cui si aggiunge circa il 10% di anidride borica B2O3 e un 4-8% di ossidi alcalini, in particolare ossido di sodio Na2O e ossido di potassio K2O.
Questa differenza nella composizione chimica dà, naturalmente, caratteristiche meccaniche e fisiche diverse tra i due materiali. Per quanto riguarda, in particolare, il campo di temperature in cui questi materiali possono essere impiegati in sicurezza, possiamo dire che il vetro calciosodico temprato può essere utilizzato per temperature, che variano tra i -200°C e i +150°C, anche in presenza di liquidi sotto pressione Per questo motivo trova spesso applicazione come materiale per spie visive in sistemi che trattano fluidi diversi, sia liquidi, sia gas, che devono raggiungere valori di temperatura e pressione piuttosto elevati.
Il vetro borosilicato temperato, invece, presenta caratteristiche migliori e la sua resistenza alle alte temperature lo rende indicato per applicazioni dello stesso tipo di quelle del vetro comune, ma con condizioni più proibitive. Troviamo quindi questo tipo di materiale in componenti utilizzati diffusamente come spie visive per apparecchi come stufe a gas, caldaie o forni elettrici che presentino valori di temperatura massima di esercizio fino a circa 500°C.
Le caratteristiche del Keralite® e del vetro Vycor.
Ci sono, però, alcune applicazioni in cui nemmeno il vetro temperato borosilicato è adatto a sopportare il carico termico presente e quindi bisogna ricorrere a materiali più performanti, e anche decisamente più costosi.
Se il nostro forno elettrico a induzione o la nostra caldaia prevedono temperature di esercizio che raggiungono i 700°C – 800°C si possono realizzare delle spie visive resistenti e sicure utilizzando le lastre, piane o curve, di un particolare materiale ceramico trasparente, il Keralite®, che si riconosce facilmente per la caratteristica colorazione ambrata.
In particolare, il Keralite® è caratterizzato da un coefficiente di dilatazione termica estremamente ridotto e, di conseguenza, mantiene la propria forma e il proprio volume sostanzialmente inalterati anche a temperature decisamente elevate. In questo modo le lastre in Keralite®, resistono molto bene agli shock termici e possono essere utilizzate anche a diretto contatto con la fiamma e con i gas ad alta temperatura.