Il 2 maggio cade l'anniversario della morte (avvenuta nel 1979) di un'importante figura del panorama nazionale: Giulio Natta, accademico, ingegnere, ma soprattutto unico italiano ad essere stato insignito del Premio Nobel per la Chimica.
L'onorificenza di Stoccolma fu il merito per colui che, con le sue ricerche, rivoluzionò il dopoguerra dell'industria petrolchimica.
Infatti a lui si deve la sintetizzazione del Moplen, ossia la plastica che compone i nostri utensili da cucina: ma sono ben quattro mila i brevetti che hanno contraddistinto lo scienziato, tanto che possiamo definirlo uno dei primi conoscitori delle materie plastiche moderne (assai ricercate a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale).
Laureatosi a 21 anni (e con un diploma ottenuto a 16), a Giulio Natta si devono il nuovo sistema di sintesi del metanolo, della formaldeide e del butadiene (quest'ultime due, rispettivamente, per l'azienda di Montecatini e per la Pirelli).
Grazie alla sua conoscenza dei raggi X, intorno agli anni Trenta, Natta iniziò ad interessarsi di quello che, nel petrolchimico di allora, veniva a chiamarsi polimero, focalizzandosi sulla struttura della macromolecole complesse.
Con l'idea in testa della gomma sintetica e la collaborazione con il chimico Karl Waldemar Ziegler (i cui catalizzatori al titanio permisero di ottenere il polietilene, dai polimeri lineari dell'etilene), il nostro esimio ricercatore sperimentò la medesima tecnica con altri gas, primo fra tutti il propilene.
Giulio Natta arrivò ad ottenere un polimero dalle proprietà non esistenti in natura, flessibile, leggero, termoresistente, in cui c'è la stessa conformazione per gli atomi di carbonio asimmetrici: chiamato polipropilene isotattico, è la comune plastica a cui si è abituati nella vita quotidiana.